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Sezione: DIGITALIA 2005-2025: testimonianze, riflessioni e prospettive
Data di pubblicazione: 22-12-2025

Nascita di una rivista

Autori

Risalire all’origine di un’idea non è sempre agevole, in specie quando il contesto storico e scientifico è stato determinante assai più delle motivazioni soggettive e personali. Queste ultime erano all’epoca piuttosto evidenti. Giungevo alla direzione dell’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane (ICCU) nel gennaio del 2005, con alle spalle esperienze condotte in biblioteche di tradizione e di natura prevalentemente conservativa, dove l’approccio alla digitalizzazione era stato praticamente nullo. Avrei dovuto quindi calarmi nella nuova realtà, confrontandomi in primis con i progetti che in quei mesi si stavano attuando, e che risultavano innovativi per lo stesso Istituto. I termini della sfida erano proprio questi, e qui si annidava anche un potenziale rischio.

Le attività dell’ICCU erano numerose e rilevanti1, ma ne spiccavano due, destinatarie di cospicui finanziamenti erogati nel 2003 dal Comitato dei Ministri per la Società dell’Informazione, e su cui l’Istituto aveva investito adeguate risorse umane: la costruzione del portale Internet Culturale e la partecipazione al progetto denominato Biblioteca Digitale Italiana (BDI), esteso a biblioteche statali e regionali allo scopo di coordinare le singole campagne di digitalizzazione nel settore dei fondi musicali, fotografici e cartografici. La prima release del network, su cui avrebbero dovuto confluire i contenuti digitali elaborati in seno alla BDI2, veniva messa online nel marzo del 2005, dopo l’avvenuta presentazione ufficiale ai ministri Urbani e Stanca; e di lì a poco sarebbe partita la seconda release del portale con la realizzazione di un servizio di acquisizione a pagamento delle immagini ad alta risoluzione da parte degli utenti. Nel febbraio l’ICCU aveva inoltre ospitato un workshop sul tema della digital preservation con la partecipazione di un nutrito gruppo di esperti stranieri, e in quell’occasione era stato presentato il volume degli atti della conferenza internazionale di Firenze del 2003 sul Futuro delle memorie digitali e patrimonio culturale3.

In quel periodo, come è noto, il contesto europeo era altrettanto ricco di iniziative nell’ambito del digitale. Si era appena concluso il Progetto MINERVA (2002-2005), finanziato dalla Commissione europea, cui l’Italia aveva partecipato, finalizzato allo scambio di buone pratiche e alla definizione di linee guida, metadati e standard relativi alla digitalizzazione; e, nell’aprile dello stesso 2005, il Ministero per i beni e le attività culturali annunciava a Roma la partecipazione del nostro paese al progetto MICHAEL, anch’esso promosso dalla Commissione europea, con lo scopo di realizzare un portale multilingue per l’accesso alle risorse digitali culturali di Francia, Regno Unito e Italia. Oltreoceano, anche se il target non era quello culturale, iniziative di enorme rilievo stavano per decollare nel settore della digitalizzazione: nel gennaio 2005 Google lanciava la prima versione di Google Maps, e cinque mesi dopo era la volta del programma Google Earth.

Un momento, quindi, di indubbia aspettativa nei confronti delle moderne tecnologie e di fiducia nella possibilità delle amministrazioni pubbliche di dare risposte concrete ed efficaci alle esigenze che operatori culturali e utenti manifestavano da anni. L’ICCU, che procedeva a stretto contatto con la Direzione Generale di appartenenza, veniva ad essere al tempo stesso attivatore e destinatario del Nuovo, e la situazione fattuale sollecitava iniziative che apportassero sintesi e chiarezza, come, ad esempio, la creazione di una nuova rivista specializzata nel settore.

Si torna così alla questione iniziale, al recupero delle motivazioni e degli intenti che hanno determinato la nascita di «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali». Vi era in proposito un altro elemento che non poteva essere trascurato. Ormai da alcuni anni, i due periodici dell’ICCU, «SBN Notizie», strumento di informazione sull’avanzamento del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), e «Il Corsivo», notiziario del Censimento Nazionale delle Edizioni Italiane del XVI secolo (Edit16), erano cessati, il primo nel 2001, il secondo nel 1999. Era dunque avvertita l’esigenza di pubblicare nuovamente un organo dell’Istituto, e, in considerazione di quanto abbiamo fin qui esposto, ciò sarebbe dovuto avvenire, senza soverchie esitazioni, nell’ambito del digitale. Personalmente, si sarebbe trattato di ripetere - in un contesto completamente diverso, ma ugualmente stimolante - l’esperienza che mi aveva portato a fondare nel 1994, nel settore degli studi sul libro antico, la rivista «Rara Volumina»4.

Ecco pronta per essere sottoposta alla valutazione dei collaboratori, l’idea di dar vita ad un periodico che ospitasse contributi italiani e stranieri sullo stato dell’arte della digitalizzazione nei beni culturali, e che promuovesse lo scambio di informazioni e proposte sui vari piani del dibattito, ora tecnico, ora gestionale, ora giuridico. L’accoglienza della proposta fu immediata (e lo fu anche il titolo della rivista che mi permisi di formulare, con la grafica particolare che metteva in risalto il nome del nostro paese), e si procedette in tempi brevi alla definizione della struttura di ogni numero, prevedendo, oltre ai saggi, sezioni per accogliere relazioni su progetti di digitalizzazione, resoconti su eventi significativi, documenti redatti da organismi nazionali e internazionali, ecc. Venne curata anche la veste editoriale, caratterizzata dalla scelta per la copertina di un bene culturale archeologico, la testa di una statua di Apollo conservata al Museo nazionale di Civitavecchia. Tengo a precisare che, in questa fase preliminare, il contributo della Vicedirettrice Anna Maria Mandillo fu determinante, e altrettanto significativo fu l’apporto dei responsabili delle varie aree, Gabriella Contardi, Claudia Leoncini, Cristina Magliano, Massimo Menna, e Giuliana Sgambati. Il Direttore Generale Luciano Scala e il Capo Dipartimento Salvatore Italia5 giudicarono favorevolmente l’iniziativa e garantirono una propria presentazione del primo numero, come di fatto avvenne. Il Comitato scientifico fu accuratamente selezionato, fino a comprendere i responsabili della BDI, con Tullio Gregory e Amedeo Quondam, e i principali esperti di contenuti digitali italiani e stranieri, quali Anna Maria Tammaro, Costantino Thanos, Hans Hofman e Seamus Ross. La prima diffusione del periodico, sia cartacea che online, ebbe una risonanza nazionale6 e internazionale7, anche a seguito di una conferenza stampa organizzata presso l’ICCU.

Vennero da subito apprezzate le potenzialità del nuovo strumento informativo che contribuiva a diffondere e a far circolare esperienze teoriche, tecnologie, progetti, eventi, cornici istituzionali e normative, facendo emergere una pluralità di soggetti nazionali e internazionali, interessati a far conoscere risultati e prospettive, e destinatari a loro volta di preziose informazioni di ritorno. La strada era tracciata per i numeri successivi, e il panorama che si veniva delineando era dei più incoraggianti, con il risultato di accrescere le cognizioni specifiche di una comunità sempre più vasta e nel contempo di superare l’iperspecializzazione di pochi. Il comune denominatore della digitalizzazione era alla base dell’ampia adesione alla rivista da parte di contributori e lettori, ma costituiva anche la principale novità di essa. In un quadro di insieme accademico e scientifico in cui (ancora oggi e a maggior ragione venti anni fa) prevaleva la settorialità delle discipline, l’apertura di «DigItalia» ai beni culturali non solo librari e documentali ma anche archivistici, archeologici, storico-artistici, sonori e audiovisivi rappresentò certamente un passo in avanti verso l’interdisciplinarietà e l’integrazione delle conoscenze e delle metodologie. A livello ministeriale, un coordinamento tra i diversi programmi di digitalizzazione del patrimonio culturale è ora garantito, a far data dal 2020, dall’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale (Digital Library), ed è quindi ormai acquisito ciò che sulle colonne della rivista, a partire dal 2005, è stato di fatto attuato, configurando un’assai più vasto dialogo, esteso a tematiche strategiche come la conservazione del web, le connessioni ipertestuali, la completezza dei metadati, gli standard di qualità nei progetti di digitalizzazione, e così via. Tale vocazione pluridisciplinare è ancora una delle caratteristiche di «DigItalia», ed è sufficiente in proposito menzionare, da ultimo, la relazione sul progetto Screnim, censimento dei graffiti carcerari d’età moderna8, relativo ad una base dati di testimonianze incise sulle pareti di 150 ex prigioni italiane, graffiti ora figurativi, ora testuali: beni culturali di sicuro valore storico, quasi del tutto inaspettati.

Altra significativa caratteristica della rivista è l’attualità, intesa quale puntuale specchio di nuovi indirizzi operativi e di nuove tecnologie, ed è ciò che ne giustifica l’auspicabile prosecuzione negli anni a venire.

L’ultima consultazione dei siti web è avvenuta nel mese di dicembre 2025.

Note

  1. Ne davo un sintetico bilancio in Marco Paoli, Stato dell’arte e prospettive di lavoro dell’ICCU, «Bollettino AIB», 45 (2005), n. 1, p. 85-92, <https://bollettino.aib.it/article/view/5392>.
  2. Se ne veda un primo resoconto in Marco Paoli, I progetti di digitalizzazione della Biblioteca Digitale Italiana, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», (2005), n. 0, p. 85-91, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/331>.
  3. Futuro delle memorie digitali e patrimonio culturale: atti del Convegno internazionale, Firenze, 16-17 ottobre 2003, a cura di V. Tola, C. Castellani, Roma: ICCU, 2004.
  4. https://it.wikipedia.org/wiki/Rara_volumina.
  5. Ricordo con simpatia che il prof. Italia, quando mi ricevette nel suo studio a Roma, non restò indifferente al fatto che il titolo della rivista, con la particolare grafica, riecheggiasse il suo cognome.
  6. DigItalia: rivista del digitale nei beni culturali. N. 0 (dic. 2005), [recensione di Alberto Petrucciani], «Bollettino AIB», 46 (2006), n. 1/2, p. 124-125 <https://bollettino.aib.it/article/view/5150>; Emilio Cabasino, recensione del numero zero in «Economia della Cultura», 16 (2006), n. 4, p. 589.
  7. Si veda il dettagliato resoconto del numero zero curato da Philippe Marcerou sul «Bulletin des bibliothèques de France» (2006), n. 6, p. 106-107, edito dall’Enssib, <https://bbf.enssib.fr/consulter/bbf-2006-06-0106-005>.
  8. Marco Albertoni, Screnim: un progetto di censimento dei graffiti carcerari d’età moderna quali fonti storiche da conservare e valorizzare, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 19 (2024), n. 22, p. 181-190, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/3066>.

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Autori/Autrici

Marco Paoli - Già direttore dell’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane (ICCU)

Come citare

Paoli, M. (2025). Nascita di una rivista. DigItalia, 20(2), 11–14. https://doi.org/10.36181/digitalia-00137
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Autori/Autrici

Marco Paoli - Già direttore dell’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane (ICCU)

Come citare

Paoli, M. (2025). Nascita di una rivista. DigItalia, 20(2), 11–14. https://doi.org/10.36181/digitalia-00137
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