Le Digital Humanities alla Biblioteca nazionale universitaria di Torino: sul progetto BINARI e dintorni
Dal 2022, la Biblioteca nazionale universitaria di Torino (BNUTO) è coinvolta in attività di studio e di valorizzazione incentrate su alcuni manoscritti preziosi, appartenenti ai fondi dell’Istituto, attività condotte in stretta collaborazione con il Centro interdipartimentale di ricerca Digital Scholarship for the Humanities (DISH) dell’Università di Torino. Tra questi lavori vi sono i progetti Il Plinio di Mantegna e BINARI: La Biblioteca Nazionale per Aristotele. Digitalizzazione ed edizione digitale delle traduzioni latine umanistico-rinascimentali dell’Etica Nicomachea di Aristotele nei codici della Biblioteca Nazionale di Torino, entrambi finanziati con fondi PNRR. In particolare, questi si propongono di offrire al pubblico l’edizione digitale di codici che trasmettono le versioni latine dell’Etica Nicomachea (EN) aristotelica eseguite da Leonardo Bruni (ms. D V 33, E IV 36, G III 16, G IV 32 e H V 16) e da Giovanni Argiropulo (ms. E III 25), più il celebre codice miniato della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (ms. J.I.22-23), testimonianza della ricezione dell’arte di Andrea Mantegna. Il presente contributo si propone di illustrare i lavori su Aristotele e Plinio, descrivendone le varie fasi allo scopo di sottolineare le potenzialità del digitale non solo per la conservazione e la salvaguardia del patrimonio manoscritto, ma anche per lo studio da parte di un pubblico di esperti, favorendo al contempo un approccio interdisciplinare e la divulgazione presso una più ampia cerchia di fruitori.
Introduzione
Dal 2022, la Biblioteca nazionale universitaria di Torino (BNUTO), in stretta collaborazione con il Centro interdipartimentale di ricerca Digital Scholarship for the Humanities (DISH) dell’Università di Torino (UNITO), è coinvolta in attività di ricerca e di valorizzazione incentrate su alcuni manoscritti di particolare pregio, appartenenti ai fondi dell’Istituto. Questi lavori sono di varia natura: vi è il progetto Tesori del Piemonte, coordinato dal prof. Roberto Rosselli del Turco (UNITO), che riguarda la BNUTO per l’edizione digitale del codice delle epistole di Cicerone J V 34, realizzata dalla dott.ssa Federica Lazzerini (UNITO), e lo studio del manoscritto L.I.4, contenente la traduzione francese del Romuleon di Benvenuto da Imola, oggetto della tesi di laurea di Carolina Crespi (UNITO) con il sostegno e il patrocinio della Fondazione Cecilia Gilardi. A queste iniziative si affiancano due progetti, Il Plinio di Mantegna e BINARI: La Biblioteca Nazionale per Aristotele. Digitalizzazione ed edizione digitale delle traduzioni latine umanistico-rinascimentali dell’Etica Nicomachea di Aristotele nei codici della Biblioteca Nazionale di Torino, entrambi finanziati con fondi PNRR e condotti nell’ambito del mio dottorato di ricerca presso l’Università di Torino, sotto la supervisione del prof. Ermanno Malaspina (UNITO) e del dott. Fabio Uliana (BNUTO). In particolare, questi due progetti si propongono di offrire al pubblico le pagine più significative del celebre codice miniato della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (ms. J.I.22-23), nonché l’edizione digitale di codici che trasmettono le versioni latine dell’Etica Nicomachea aristotelica eseguite da Leonardo Bruni (ms. D V 33, E IV 36, G III 16, G IV 32 e H V 16) e da Giovanni Argiropulo (ms. E III 25).
Il presente contributo si propone di illustrare nel dettaglio i miei lavori su Plinio e Aristotele, allo scopo non solo di sottolineare le potenzialità del digitale nell’ambito della conservazione dei beni culturali e degli studi umanistici in generale, ma anche di riflettere sulle implicazioni pratiche del digitale, quali l’acquisizione di determinate competenze in vari campi e la creazione di reti tra enti e discipline differenti.
Digitalizzare: perché
Prima di addentrarmi nella descrizione dei progetti, ritengo sia opportuno ribadire le ragioni sottese alla scelta di intraprendere un’operazione di digitalizzazione1. Queste rispondono essenzialmente a due obiettivi, l’accessibilità e la fruibilità da un lato e la salvaguardia dall’altro: la digitalizzazione, infatti, consente all’utente di consultare il manufatto senza alcuna limitazione legata a fattori fisici e/o economici contingenti, garantendo e promuovendo così lo sviluppo della cultura, della ricerca scientifica e della tecnica. Il digitale, inoltre, permette una più ampia fruizione senza alcun pericolo per il documento stesso, dal momento che il numero di casi in cui l’oggetto fisico è maneggiato si riduce, e rende possibile la trasmissione del manufatto nello stato attuale alle generazioni future anche in caso di deperimento o scomparsa del bene. La digitalizzazione, dunque, fa sì che salvaguardia e fruizione si integrino e si potenzino a vicenda, a vantaggio sia degli studi sia della tutela e della promozione del patrimonio delle biblioteche2.
A fronte di questi vantaggi e opportunità, è tuttavia evidente che si tratta di un’operazione complessa e onerosa, tale comunque da dover fissare quanto meno delle priorità se non delle limitazioni alle opere potenzialmente candidabili; appare quindi tutt’altro che fuori luogo illustrare quale principio abbia guidato la selezione, all’interno del patrimonio della BNUTO, dei codici sopra citati. Per quanto riguarda le traduzioni di Leo-nardo Bruni e di Giovanni Argiropulo, la scelta è dipesa dalla loro rilevanza sul piano culturale: entrambe le versioni conobbero un notevole successo editoriale e loro esemplari, manoscritti e a stampa, si diffusero in Italia e all’estero, divenendo così capaci di influenzare le modalità di studio e d’interpretazione dell’Etica Nicomachea nell’Europa moderna (XV-XVIII secolo); si tratta, quindi, di testi fondamentali per lo sviluppo del pensiero morale occidentale3.
Il codice pliniano, invece, rappresenta un “fiore all’occhiello” del patrimonio librario della BNUTO: è un manufatto di straordinario valore artistico (Fig. 1), in quanto costituisce una preziosa testimonianza della ricezione dell’arte di Andrea Mantegna. Inoltre, il codice è pregevole anche per il suo contenuto, dal momento che trasmette il testo dell’edizione della Naturalis Historia curata dal celebre umanista Guarino Veronese4. Del resto, anche tra i manoscritti aristotelici ne figurano alcuni di particolare pregio in virtù del loro apparato decorativo: si tratta dei codici E III 25 e E IV 36, provenienti dalla raccolta libraria di Domenico Della Rovere (1442-1501)5, nonché dal manoscritto D V 33, miniato dal cosiddetto Maestro delle Vitae Imperatorum6.
Figura 1. Particolari del codice miniato della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. J.I.22-23)
Le fasi primarie del processo di digitalizzazione: scansione e metadatazione
Il processo di digitalizzazione di un testo, sia esso a stampa o manoscritto, muove necessariamente dalla trasposizione in forma di immagini delle sue pagine. Per i succitati codici ci siamo avvalsi di un sofisticato scanner piano equipaggiato con una fotocamera dotata di un sensore a pieno formato da 45,4 megapixel. Il ricorso ad uno strumento estremamente specializzato è stato determinante date le peculiarità degli oggetti da convertire in digitale, quali il formato e le dimensioni fuori standard; la delicatezza e la fragilità dei manufatti, caratterizzati da un limitato angolo di apertura e particolarmente sensibili anche alla luce, che impongono seri vincoli sia all’illuminazione da applicare sia al posizionamento sul piano di scansione; la ricchezza dei colori e la morbidezza degli inchiostri, che esigono di operare scansioni ad altissima risoluzione e profondità di colore in tempi accettabili, riducendo al minimo la necessità di interventi correttivi in post-produzione. Ad esempio, nel caso del Plinio, la scansione di un singolo foglio di 41 x 31 cm ha prodotto un file in formato TIFF (compressione senza perdite) tra gli 80 ed i 90 megabyte, corrispondente ad un’immagine di circa 6500 x 4800 pixel, con una risoluzione di 400 punti per pollice e una profondità colore di 24 bit, cui va aggiunto un ulteriore intervento di post-produzione via software per assicurare la piena fedeltà all’originale in termini di colore.
Di contro, un tale oggetto digitale pone dei problemi tutt’altro che trascurabili per quanto concerne sia gli spazi di archiviazione sia, soprattutto, il loro impiego in contesti reali, quale, ad esempio, la fruizione attraverso una app o un sito web. Per ovviare a quest’ultimo inconveniente, a partire dalla scansione originale sono state realizzate in post-produzione copie di lavoro di dimensioni più ridotte tenendo conto del tipo di utilizzo e della modalità di fruizione, senza sacrificare eccessivamente la qualità. A titolo di esempio, le immagini del Plinio caricate sul sito web della BNUTO sono file in formato jpeg del peso di circa 2 megabyte, con una risoluzione di 72 punti per pollice, del tutto adeguate a una visualizzazione via schermo e pienamente compatibili con il tempo di attesa richiesto dal loro caricamento attraverso la rete. Tuttavia, come avrò modo di illustrare più avanti, in un altro contesto si è reso necessario spingersi a livelli di compressione ancora più elevati, nell’ordine di poche centinaia di kilobytes, per poterne garantire l’impiego.
Contrariamente a quanto credono i non addetti ai lavori, però, il processo di digitalizzazione non si arresta, e non si limita, a questo stadio, ovvero alla produzione di immagini del manufatto. Occorre, infatti, prevedere almeno un’altra operazione, ossia la generazione di un insieme di dati indispensabili per l’identificazione, la rintracciabilità e la gestione dell’oggetto digitale, nonché per la descrizione della struttura interna del testo, i cosiddetti metadati7. Per i codici qui presentati, i metadati raccolti conservano e restituiscono, tra le altre, informazioni inerenti alla descrizione dell’oggetto fisico: si va dal supporto materiale alle dimensioni, dal totale dei folia alla valutazione sulla numerazione (se corretta e originale), dalla legatura all’apparato decorativo, al tipo di scrittura e alle sue caratteristiche, alla presenza di note (ad esempio quelle di possesso) e all’identità del copista (qualora conosciuta); inoltre, vi si trovano l’elenco delle opere contenute e notazioni riguardo eventuali restauri subiti. A queste si aggiungono, poi, le indicazioni di carattere storico: si parte da dove, quando e per chi è stato realizzato il manoscritto, fino alla ricostruzione delle vicende e dei passaggi di proprietà che lo hanno condotto alla sua collocazione attuale.
La prosecuzione del processo di digitalizzazione: la trascrizione
Attraverso i progetti Il Plinio di Mantegna e BINARI si è voluto realizzare un prodotto digitale ancora più pratico, versatile e attraente sia per la comunità degli studiosi, i quali potranno disporre di un nuovo strumento per le loro ricerche, sia per il pubblico non specialistico. Per farlo si è reso necessario provvedere ad un’ulteriore operazione: la trascrizione dei testi trasmessi dai vari codici8.
Anche in questo caso si è trattato di una scelta ponderata, che ha tenuto conto dell’opportunità e dei vantaggi di tale lavoro che può inizialmente apparire come dispendioso, se non addirittura inutile. A determinarla hanno concorso alcune considerazioni: innanzitutto, la trascrizione garantisce una consultazione decisamente più alla portata di chi, da studente9 o da semplice curioso, entra in contatto con realtà museali e archivistiche. Ma possono beneficiare della trascrizione anche altri studiosi privi di competenze paleo-grafiche o che desiderano acquisirle (per questi ultimi, dunque, la trascrizione si rivela un prezioso ausilio); ad esempio, un manufatto come il Plinio si avvantaggerà dell’opera di trascrizione in quanto lo renderà più fruibile a tutti quegli storici dell’arte che non dispongono di una formazione in paleografia latina.
Una seconda ragione è legata allo stato di conservazione dei manoscritti, una parte non trascurabile dei quali (tra cui anche il Plinio) è rimasta danneggiata dall’incendio scoppiato nel 1904 all’interno della BNUTO10; in conseguenza di ciò, alcuni codici risultano parzialmente illeggibili se non mediante il ricorso ad appositi strumenti (come la Lampada di Wood). Per questi esemplari, quindi, la trascrizione diventa indispensabile, in quanto va ad integrare l’immagine nelle sue parti maggiormente o irrimediabilmente compromesse.
Da ultimo, la trascrizione è funzionale a realizzare l’edizione digitale del codice stesso, consentendo, come vedremo meglio più avanti, di marcare specifici elementi del testo in modo da renderlo un ipertesto.
Riguardo alle modalità di esecuzione, da compito esclusivamente manuale, lento e gravoso, la trascrizione oggi può basarsi sul supporto, ed avvantaggiarsene, di alcuni soft-ware innovativi che, in modalità semiautomatica, sono in grado di riconoscere con grande precisione e autonomia testi manoscritti o a stampa a partire da immagini del loro contenuto. Nei progetti che sto curando mi sono avvalsa di Transkribus11, un software open source sviluppato dal DEA group (Digitalisierung & Elektronische Archivierung) dell’Università di Innsbruck, in collaborazione con altre undici istituzioni accademiche, e gestito da Readcoop, una cooperativa senza fini di lucro amministrata dagli sviluppatori con la partecipazione e il contributo degli utenti che, per utilizzarlo, sono chiamati a farne parte12. Grazie al contributo e al sostegno della Fondazione Cecilia Gilardi, ho trascorso, in qualità di visiting scholar, due settimane presso l’università austriaca, a diretto contatto sia con il gruppo responsabile del software sia con alcuni ricercatori impegnati nella sperimentazione e convalida di modelli specifici per la scrittura latina di epoca umanistica, con i quali ho collaborato e mantengo la collaborazione.
Transkribus (Fig. 2) rientra nella categoria dei software di riconoscimento automatico del testo nota come HTR (Handwritten Text Recognition), evoluzione di quella OCR (Optical Character Recognition) che ha inaugurato e per lungo tempo costituito l’unica soluzione per i progetti di digitalizzazione. Come l’acronimo suggerisce, la tecnologia OCR si basa sull’addestramento al riconoscimento dei singoli caratteri a partire da immagini del testo da trascrivere ed è ormai disponibile in una folta schiera di software commerciali. Questo approccio si è rivelato funzionale ed efficace per i moderni testi a stampa, mentre ha mostrato evidenti limiti strutturali per i manoscritti, ancor più se danneggiati, dal layout non perfettamente lineare e con tipi di carattere complessi e non uniformi. I software HTR sono stati sviluppati proprio per superare tali limitazioni, facendo largo uso di algoritmi di intelligenza artificiale orientati al riconoscimento non solo di singoli caratteri, ma anche e soprattutto di intere porzioni di testo (linee, aree, parole) previo addestramento. Proprio riguardo a questa fase, Transkribus offre ai suoi utenti l’opportunità di sviluppare in proprio un modello specificamente allenato sulla grafia da trattare, qualora quelli già disponibili risultino poco efficaci. A tal fine l’utente provvede a selezionare e trascrivere manualmente una porzione rappresentativa del testo in modo da tenere conto di ogni possibile variabile (incluse stesura e mano). Come ordine di grandezza occorre prevedere un battente minimo compreso tra le diecimila e le quindicimila parole, ma detto numero è fortemente influenzato dall’ampiezza dello spettro delle varianti da considerare13, anche se è evidente che l’optimum consiste nel mantenere questa base dati la più contenuta possibile. A partire da essa, il software ricava per iterazioni successive la cosiddetta ground truth, cioè le regole attraverso le quali riconoscere il testo da trascrivere (e che applica ad ogni iterazione) e il campione usato per misurare (anche qui ad ogni ripetizione) la risposta del modello rispetto al risultato atteso attraverso il cosiddetto CER (Character Error Rate), ossia l’indice che determina la precisione nonché l’affidabilità del modello stesso. L’addestramento si conclude quando il CER si assesta su un valore stabile costante ovvero quando viene raggiunto il numero massimo di iterazioni14. Con un’oculata scelta del testo selezionato per la ground truth si arriva ad un valore del CER inferiore all’1% (ovvero una precisione teorica del 99%).
Figura 2. La trascrizione del manoscritto E IV 36 condotta con il software Transkribus
Ovviamente l’efficacia del riconoscimento dipende in larga parte dalla qualità delle immagini di partenza e, anche in questo caso, rispetto agli OCR, i software HTR mostrano una maggiore tolleranza riguardo a imperfezioni e disturbi di qualsiasi natura, siano essi presenti già a monte o a valle della scansione. Da ciò deriva che una delle strategie per portare il modello a livello ottimale consiste in un trattamento preventivo delle immagini teso a migliorarne la leggibilità, passaggio che, però, per i codici in oggetto non è stato necessario. Tuttavia, si è scelto di non impiegare Transkribus per i codici G III 16, G IV 32 e H V 16, a causa del loro stato di conservazione, della quantità di testo richiesto dall’addestramento in rapporto a quella complessiva da trascrivere e dalla difficoltà e onerosità insite nella sua selezione in rapporto al risultato ottenibile; per le stesse ragioni non ho adoperato Transkribus per trascrivere le carte miniate di Plinio, ma ho proceduto manualmente, dato il loro numero contenuto (per contro, il lavoro sarebbe risultato troppo oneroso in termini di tempo per i manoscritti sopracitati, che, pertanto, sono stati lasciati, per il momento, privi di trascrizione).
Per tutti gli altri codici (D V 33, E III 25, E IV 36), invece, la trascrizione si è avvalsa di un modello ad hoc, da me sviluppato in collaborazione con Stefan Zathammer, membro del Ludwig Boltzmann Institute for Neo Latin Studies, intitolato Humanist Handwriting 0.4.2; detto modello ha richiesto circa tre mesi di lavoro ed è stato addestrato con circa 66.000 parole fino a raggiungere un CER pari a 4,1%.
A partire da uno dei modelli disponibili e dalle immagini con il testo da trattare, Transkribus procede con la trascrizione automatica e ne restituisce il risultato sotto forma di file in formato editabile.
Da ultimo, vale la pena segnalare che, a differenza di altri software, Transkribus (insieme con i suoi modelli di riconoscimento e con quelli eventualmente sviluppati dall’utente) risiede e funziona in cloud, perciò non ha bisogno di essere installato sul computer dell’utente e, di conseguenza, ha bassissimi requisiti in termini di risorse hardware (processore e memoria RAM in primis).
In base a quanto detto, si evince chiaramente che l’uso di un qualunque software di riconoscimento automatico supporta sì il ricercatore, ma non è in grado di sostituirlo completamente, anche perché sono in capo a quest’ultimo i criteri, e quindi lo stile, cui l’opera di trascrizione si deve uniformare. Nel mio caso, ho scelto di mantenere la mise en page, l’ortografia e l’interpunzione dell’originale, ma ho provveduto a sciogliere gli eventuali nessi, le abbreviazioni e i segni convenzionali, conservando solo la e con la cediglia (ę). La trascrizione riporta anche le note, marginali e interlineari, come pure tutti gli elementi paratestuali e le correzioni scribali; laddove la lettera capitale era assente, ho provveduto alla sua integrazione.
L’edizione digitale
Come accennato in precedenza, il possesso di un testo editabile ne rende possibile la codifica in forma ipertestuale, aprendo così la strada alla creazione di edizioni digitali di varia tipologia a seconda dello scopo e della natura del testo originale15. Per tutte i presupposti sono i seguenti: l’adozione del linguaggio XML (Extensible Markup Language) conforme allo schema di marcatura TEI (Text Encoding Initiative), specificamente indirizzato agli studi letterari, e la disponibilità di un software in grado di restituirne il contenuto informativo.
La codifica nel linguaggio XML-TEI è stata condotta con l’impiego di un editor commerciale (Oxygen v23.1) e ha rappresentato la parte più onerosa del processo di digitalizzazione. Di contro, questa impostazione garantisce la realizzazione e la gestione di edizioni digitali diplomatiche, interpretative e critiche, con la possibilità di integrare le prime due con i markup tipici della terza e viceversa.
Per visualizzare le varie tipologie (o anche solo i facsimili digitali, cioè le semplici immagini dei manoscritti), la codifica è stata ottimizzata per il software open source EVT (Edition Visualization Technology), sviluppato a partire dal 2013 dal gruppo di ricerca del prof. Rosselli Del Turco (UNITO) tra l’Università di Pisa e il Centro DISH di Torino nell’ambito del progetto Digital Vercelli Book16 e attualmente disponibile nella versione 2.017. La sinergia con questo gruppo di lavoro ha consentito, da un lato, di sperimentare il risultato della codifica e di beneficiare del supporto per risolvere eventuali problematiche; dall’altro, di suggerire aggiornamenti al software e di indirizzarne lo sviluppo.
Oltre a ciò, EVT si contraddistingue per la sua aderenza allo standard XML-TEI in ossequio al principio ispiratore della riproducibilità e sostenibilità nel tempo delle edizioni digitali costruite in questo modo, oltre che per l’interfaccia semplice e intuitiva dal punto di vista sia dell’editore sia del fruitore.
Per il progetto BINARI (ms. D V 33, E III 25, E IV 36) ho realizzato delle edizioni diplomatiche interpretative18 (Fig. 3), in cui l’immagine del manoscritto è affiancata dalla trascrizione del contenuto. Il documento XML è stato dotato di un markup di tipo descrittivo, ovvero ho annotato le caratteristiche materiali del codice, quali le lettere capitali (in grassetto ed evidenziate in giallo), le rubricature (in rosso), i danni materiali riportati dal manufatto (laddove la lettura è incerta il testo è evidenziato in grigio), le note marginali e interlineari (la cui posizione è riprodotta nella trascrizione) e le correzioni scribali (qualora sul manoscritto siano intervenute più mani, la differenziazione di queste avviene tramite i colori; per gli emendamenti ho anche specificato se la correzione è avvenuta in rasura, tramite cancellazione o ancora per espunzione). Inoltre, la marcatura segnala la struttura del testo, cioè la scansione in libri (l’Etica Nicomachea è costituita da dieci libri) e in unità minori (tractatus, cioè gruppi di capitoli, e capitula, capitoli singoli)19 e i paratesti anteposti alle due versioni (le epistole di dedica indirizzate a papa Martino V, destinatario della versione bruniana [E IV 36], e a Cosimo de’ Medici, cui è offerta la traduzione di Argiropulo [E III 25]; il testo di Bruni è preceduto anche da una Praemissio [D V 33, E IV 36], in cui l’Aretino parla delle proprie scelte traduttive in polemica con l’interprete medievale)20.
Figura 3. L’ edizione digitale del manoscritto D V 33 visualizzata attraverso il software EVT
L’edizione di Plinio, limitata alle 31 carte miniate, è anch’essa di tipo diplomatico interpretativo ed è dotata di un markup descrittivo analogo a quello usato per BINARI, cui ho aggiunto delle annotazioni di tipo filologico: in particolare, ho registrato le differenze testuali rispetto all’edizione critica di Karl Mayhoff (1892-1909, disponibile online sul PHI Latin Texts21 e rispetto al codice da cui è stato copiato l’esemplare torinese, cioè Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 531 inf.22. Infine, ho provveduto a creare degli indici inserendo dei tag ai toponimi e ai nomi di persona menzionati nel testo.
Il differente grado di sviluppo della marcatura nei due progetti è stato condizionato principalmente dalla letteratura a disposizione. Per la Naturalis Historia di Plinio potevo contare su diversi studi (penso, in particolare, a quello di Michael Reeve sulla storia della tradizione del testo, con un’attenzione anche per i testimoni recentiores)23 e, soprattutto, su un’edizione critica, mentre le versioni di Bruni e Argiropulo sono ancora inedite, così come pochi e parziali sono ad oggi gli studi sulla loro trasmissione: lacune, queste, che non hanno consentito l’inserimento di annotazioni di tipo filologico. Inoltre, il markup più strutturato per il testo pliniano è stato favorito dal numero contenuto delle carte edite (31 contro i più di 100 folia degli altri codici). Tuttavia, il grado di maturazione raggiunto dal progetto non è da ritenersi definitivo: le caratteristiche di EVT, sostenibilità nel tempo e modularità, e, più in generale, del linguaggio XML-TEI, lasciano la porta aperta a future implementazioni di queste edizioni, in parallelo con il progredire degli studi (ad esempio il testo critico della versione di Argiropulo da me stabilito potrà fornire dati utili a sviluppare il markup almeno per il codice E III 25).
Dopo aver dato conto degli strumenti utilizzati, delle modalità e dei criteri editoriali seguiti nell’allestimento delle edizioni, occorre soffermarsi su come queste si presentino concretamente al fruitore. Innanzitutto, ad esse si accede attraverso il sito della BNUTO e, in particolare, nella sezione “Manoscritti in EVT” all’interno della Biblioteca digitale24; cliccando sulla segnatura di ciascun manoscritto si arriva alla rispettiva edizione in EVT (Fig. 4): la videata principale è bipartita25, con a destra la trascrizione del testo della carta di cui, a sinistra, è presente il facsimile digitale26, ingrandibile a piacimento; in basso le frecce consentono di spostarsi all’interno dell’edizione, navigabile anche selezionando il numero del folio desiderato negli appositi riquadri della barra in alto (per Plinio, il riferimento è alla miniatura). Le informazioni relative all’edizione e alla fonte (ovvero il manoscritto) si trovano nella sezione “Paratesto e indici”, raggiungibile attraverso un’apposita icona (la prima da sinistra del gruppo di quattro, posto in alto a destra); al suo interno sono raccolti i dettagli sul progetto (“Informazioni sul progetto”), quali i nominativi dei responsabili, le informazioni relative alla pubblicazione; la descrizione del codice edito (“Descrizione della fonte”)27; la bibliografia (“Bibliografia”) e gli indici (“Named Entities”, per i toponimi e antroponimi; “Indice dei contenuti”). Quanto alle note riguardanti la trascrizione (i criteri seguiti, la legenda dei colori usati nel markup e, per Plinio, le informazioni circa le annotazioni filologiche), ad esse si accede attraverso l’icona “Info”, nella pagina principale, in alto a destra.
Figura 4. Legenda dei principali comandi di visualizzazione del software EVT
Nel caso di Plinio, la schermata principale ospita anche una breve descrizione dell’apparato figurativo ad opera della prof.ssa Federica Toniolo, ordinaria di Storia dell’arte medievale presso l’Università degli studi di Padova, argomento di cui, però, parleremo più diffusamente nel prossimo paragrafo.
Da ultimo, una nota sui facsimili digitali impiegati: se, da un lato, avere a disposizione immagini di qualità elevata facilita la fase di trascrizione, dall’altro nella pratica le rende del tutto inutilizzabili all’interno delle edizioni digitali, dato il loro peso in termini di occupazione di memoria. Perciò, come già evidenziato in precedenza, si è resa necessaria un’operazione di compressione delle immagini stesse ad un livello molto alto per renderle compatibili con il visualizzatore: a titolo di esempio, le immagini originali del Plinio, ciascuna del peso tra gli 80 ed i 90 megabyte, sono state ridotte a file dell’ordine dei 400-500 kilobyte. Tutto questo ovviamente incide sulla loro qualità effettiva, ma non su quella percepibile, in quanto ottimizzata per una riproduzione su schermo fino ai livelli di ingrandimento richiesti dal software di visualizzazione.
Digitalizzazione e interdisciplinarità
Si è accennato a come il codice di Plinio sia assai rilevante per la storia dell’arte: infatti, il suo apparato decorativo e illustrativo costituisce uno dei vertici della miniatura italiana del Rinascimento, in quanto specchio della qualità raggiunta dalla cultura visiva mantovana negli anni in cui, dopo Pisanello, Andrea Mantegna era pittore alla corte dei Gonzaga. Un’edizione del manoscritto, dunque, non poteva prescindere dal rendere conto di tale eccezionalità, vista anche l’occasione di sfruttare le possibilità offerte dal digitale di superare le limitazioni del cartaceo in materia di quantità di informazioni e di fruizione delle immagini. Si è scelto, quindi, di corredare l’edizione diplomatica di una descrizione delle miniature e, a tal scopo, è stata attivata una collaborazione con la già citata prof.ssa Toniolo.
La docente ha redatto un’introduzione generale in cui descrive complessivamente l’apparato decorativo, contestualizzandolo sul piano storico e geografico e all’interno della produzione artistica coeva, e affronta la complessa questione dell’attribuzione delle miniature, fornendo anche preziose indicazioni bibliografiche. La prof.ssa Toniolo, inoltre, si è occupata della descrizione di ciascuna carta miniata: come preannunciato, una versione più breve è presente sulla pagina EVT, in un apposito riquadro anteposto alla trascrizione, ma ne è disponibile anche una più dettagliata su una pagina web dedicata, raggiungibile dalla stessa edizione in EVT (il link è indicato al termine della descrizione compendiata). Tale sezione del sito28 è tripartita: la videata principale riporta la storia del codice pliniano (“La storia”), il testo introduttivo dell’apparato illustrativo (“L’opera”) e l’elenco di tutte le 31 miniature (“Le miniature”)29; cliccando su ciascuna voce della lista si accede a una pagina con l’immagine della carta decorata, su cui sono indicate tre zone (la lettera capitale, il fregio laterale e il tondo decorato nel margine inferiore); spostando il puntatore su ciascuna di queste aree si apre un riquadro con la descrizione relativa a quello specifico dettaglio della decorazione con un ingrandimento dello stesso.
Conclusioni
Volendo fare un bilancio di questa esperienza, i progetti Il Plinio di Mantegna e BINARI hanno messo in luce le potenzialità del digitale non solo nella conservazione e nella salvaguardia del patrimonio manoscritto, ma anche nello studio di esso da parte di un pubblico di esperti in diversi settori disciplinari. Ciò è stato reso possibile grazie all’uso di determinati strumenti informatici che hanno consentito di corredare l’immagine del manufatto con una serie di informazioni, selezionate e inserite sulla base di criteri scientifici, precedentemente fissati, di carattere filologico, storico e artistico. Inoltre, la dotazione delle edizioni di appositi sussidi, quali la trascrizione del testo (e/o eventualmente una sua traduzione) e la marcatura di toponimi e antroponimi, permetteranno di proporre e divulgare il risultato finale anche presso una più ampia cerchia di fruitori non specialisti, con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla ricchezza del patrimonio librario e, al contempo, sull’importanza del lavoro svolto dalle biblioteche per la sua salvaguardia.
Da questi progetti, inoltre, risulta evidente che, per realizzare un prodotto digitale corredato da contributi di natura differente per venire incontro a più esigenze, occorrono molteplici competenze anche in ambito informatico oltre che specialistico, per acquisire le quali ho seguito percorsi di formazione specifici nell’ambito delle Digital Humanities. Allo stesso modo, questa esperienza dimostra la necessità di avere contatti ed avviare collaborazioni tra istituzioni diverse (BNUTO, le università di Torino, Innsbruck e Padova, il centro DISH, la cooperativa Readcoop).
Un’altra caratteristica dei prodotti digitali creati è il loro essere potenzialmente sempre in fieri: nella realizzazione di questi progetti, infatti, si è avuta cura che possano trarre beneficio dal progredire degli studi, ovvero che siano sempre passibili di successive espansioni e aggiornamenti, anche grazie alla scelta delle soluzioni informatiche impiegate (XML, EVT); in particolare, si è badato che essi possano durare nel tempo, così da ridurre il rischio che non siano più supportati da tecnologie in costante evoluzione.
Da ultimo, riflettendo sulle opportunità offerte dai processi di digitalizzazione, i progetti Il Plinio di Mantegna e BINARI si pongono come pratici riferimenti per iniziative analoghe e come base per evoluzioni successive: ad esempio, una futura edizione critica digitale delle versioni latine dell’Etica Nicomachea potrà avvalersi, per la fase di collazione, dell’edizione dei testimoni D V 33, E III 25 e E IV 36; viceversa, la trascrizione di questi potrà essere arricchita con note filologiche e rimandi al testo critico.
L’ultima consultazione dei siti web è avvenuta nel mese di dicembre 2025.
Note
- Cfr. Ministero della cultura, Piano Nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale, Versione n. 1.0 – in consultazione 2022-2023, p. 7-8, <https://docs.italia.it/italia/icdp/icdp-pnd-docs/it/v1.0-giugno-2022/index.html>. Per altri casi di recenti progetti di digitalizzazione di archivi e biblioteche si vedano ad esempio: Simona De Lucchi, L’esperienza di digitalizzazione delle collezioni librarie del Sistema Bibliotecario dell’Università di Firenze: Impronte digitali, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 17 (2022), n. 2, p. 107–117, <https://doi.org/10.36181/digitalia-00055>; Emilia Di Bernardo — Marilena Maniaci — Nina Sietis — Nicola Tangari, MeMo — Memory of Montecassino: Un sistema digitale integrato per la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio manoscritto dell’Abbazia di Montecassino, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 18 (2023), n. 1, p. 113–128, <https://doi.org/10.36181/digitalia-00063>.
- Sui benefici del digitale si veda il fondamentale contributo di Gianfranco Crupi, Biblioteca digitale, in: Biblioteche e Biblioteconomia: principi e questioni, a cura di G. Solimine e P. G. Weston, Roma: Carocci, 2015, p. 373-417; su questo tema si vedano anche gli articoli più recenti di Renaud Milazzo, La prima campagna di digitalizzazione degli archivi del Venerabile Collegio Inglese di Roma, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 19 (2024), n. 1, p. 171–180, <https://doi.org/10.36181/digitalia-00100>, e Pier Matteo Barone, Between Past and Future: Digital Technologies and the Revolution in Cultural Heritage Preservation, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 19 (2024), n. 2, p. 81–99, <https://doi.org/10.36181/digitalia-00103>. Sulle opportunità del digitale per la ricerca scientifica si vedano anche: Alberto Petrucciani, Il catalogo e la biblioteca digitale: un sodalizio indispensabile per la ricerca, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 12 (2018), n. 2, p. 54-62, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/1865>; Costantino Thanos, L’evoluzione del ruolo delle Biblioteche Digitali Scientifiche (BDS), «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 15 (2020), n. 2, p. 171-173, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/2640>. Una posizione contraria rispetto al tema della digitalizzazione, invece, è sostenuta da Carlo Federici in La conservazione del patrimonio bibliografico, nel già citato Biblioteche e Biblioteconomia: principi e questioni, alle p. 523-544 (in particolare 525-526). Pur sostenendo la necessità e l’importanza dei progetti di digitalizzazione riflessioni su alcune problematiche ad essi connessi (quali la cattiva qualità nella scannerizzazione; la mancanza o l’incompletezza di metadati adeguati; la selezione del materiale da digitalizzare; la difficoltà nel reperimento di informazioni bibliografiche complete, organiche e ordinate; la scelta di formati proprietari; una limitata interoperabilità; politiche troppo restrittive nella tutela del copyright e il ruolo giocato dai colossi della net economy) si possono trovare in Gino Roncaglia, I progetti internazionali di digitalizzazione bibliotecaria: un panorama in evoluzione, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 1 (2006), n. 1, p. 11-30, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/311>. In particolare, l’autore si concentra sui progetti collegati a Amazon Book Search, a Google Book Search - già Google Print -, alla Open Content Alliance e al progetto di Biblioteca digitale europea (sui limiti e i vantaggi di Google Books cf. anche Gino Roncaglia, Google Book Search e le politiche di digitalizzazione libraria, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 4 (2009), n. 2, p. 17-35, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/276>; Alberto Petrucciani, La bancarella planetaria e la biblioteca digitale: il punto di vista della ricerca e una possibile agenda per l’Italia, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 5 (2010), n. 1, p. 9-32, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/252>. Riguardo l’importanza di avere una legislazione adeguata e una regolazione delle tecniche e delle pratiche di digitalizzazione e di codifica dei testi elettronici si veda ad esempio Leonardo Candela — Donatella Castelli, Una teoria fondazionale per le Biblioteche Digitali: il DELOS Digital Library Reference Model, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 4 (2009), n. 1, p. 44-82, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/271>; Rosa Maiello, Politiche e legislazione dell’Unione Europea per la digitalizzazione del patrimonio culturale, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 8 (2014), n. 2, p. 9-23, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/822>; Giliola Barbero — Roberto Marcuccio, Manoscritti e metadati nelle biblioteche digitali: progetti italiani e internazionali in due recenti convegni, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 11 (2017), n. 1, p. 32-50, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/1628>. Infine, sulla necessità di formare chi è coinvolto nei progetti di digitalizzazione si veda ad esempio: Maria Guercio, Le discipline del documento e l’innovazione tecnologica nelle iniziative di formazione degli archivisti, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 6 (2011), n. 1, p. 9-28, <https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/204>; Gilda Nicolai, Formare professionisti esperti. Il Master in Catalogazione del manoscritto liturgico medievale: descrizione, digitalizzazione e valorizzazione, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 20 (2025), n. 1, p. 69-71, <https://doi.org/10.36181/digitalia-00122>.
- Sull’Aristotelismo nel Rinascimento si veda almeno: Charles B. Schmitt, Aristotle and the Renaissance, Cambridge (Mass.): Harvard university press, 1983; Luca Bianchi, Interpréter Aristote par Aristote: parcours de l’herméneutique philosophique à la Renaissance, «Methodos», 2 (2002), <https://doi.org/10.4000/methodos.98>; The Cambridge companion to Renaissance philosophy, ed. by J. Hankins, Cambridge: Cambridge university press, 2007; The reception of Aristotle’s Ethics, ed. by J. Miller, Cambridge: Cambridge University Press, 2012. Sulla ricezione umanistica dell’Etica Nicomachea si vedano almeno Eugenio Garin, Le traduzioni umanistiche di Aristotele nel secolo XV, «Atti e memorie dell’Accademia fiorentina di scienze morali La Colombaria» 16 (1951), n. 2, p. 55-104; David A. Lines, Aristotle’s Ethics in the Italian Renaissance (ca. 1330-1650): the Universities and the problem of moral education, Leiden: Brill, 2002. La bibliografia su Leonardo Bruni è sterminata, pertanto mi limito a fornire solo alcuni titoli, cui rimando per ulteriori approfondimenti: oltre alla monografia Leonardo Bruni Aretino: Humanistisch-philosophische Schriften mit einer Chronologie seiner Werke und Briefe, herausgegeben von H. Baron, Leipzig-Berlin: Teubner, 1928, per la biografia cfr. la voce: Cesare Vasoli, Leonardo Bruni, in: Dizionario Biografico degli italiani, vol. 14, Roma: Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1972, p. 3-18, <https://www.treccani.it/enciclopedia/bruni-leonardo-detto-leonardo-aretino_(Dizionario-Biografico)/>; sulla versione dell’Etica, la sua tradizione manoscritta e il dibattito che essa suscitò si vedano almeno James Hankins, Repertorium Brunianum: a critical guide to the writings of Leonardo Bruni. Vol. I: A Handlist of manuscripts, Roma: [Istituto storico italiano per il Medio Evo], 1997; Tomas González Rolán — Antonio Moreno Hernández — Pilar Saquero Suárez-Somonte, Humanismo y teoría de la traducción en España e Italia en la primera mitad del siglo XVI: edición y estudio de la “Controversia Alphonsiana” (Alfonso de Cartagena vs. L. Bruni y P. Candido Decembrio), Madrid: Ediciones Clasicas, 2000; James Hankins, Notes on Leonardo Bruni’s Translation of The Nicomachean Ethics and its receptions in the Fifteenth Century, in: Les traducteurs au travail: leurs manuscrits et leurs méthodes. Actes du colloque international organisé par le Ettore Majorana Centre for Scientific Culture (Erice, 30 septembre – 6 octobre 1999), ed. by J. Hamesse, Turnhout: Brepols, 2001, p. 427-447; Montserrat Jiménez San Cristóbal, El valor de un testimonio autógrafo: la versión latina de Leonardo Bruni de la Ética Nicomaquea en el manuscrito XXV F 10 de la Biblioteca Comunale Santa Maria la Nuova de Monreale, «Cuadernos de Filología Clásica. Estudios Latinos», 32 (2012), n. 1, p. 121-144, <https://doi.org/10.5209/rev_CFCL.2012.v32.n1.39651>; Montserrat Jiménez San Cristóbal, Algunas notas críticas para la edición de la versión latina de la Etica aristotélica de Leonardo Bruni y la versión castellana de Carlos de Aragón, «Estudios Clásicos» 152 (2017), p. 153-174. Su Giovanni Argiropulo si veda almeno Giuseppe Cammelli, I dotti bizantini e le origini dell’Umanesimo. Vol. 2: Giovanni Argiropulo, Firenze: Le Monnier, 1941, e la voce: Emilio Bigi, Giovanni Argiropulo, in: Dizionario Biografico degli italiani, vol. 4, Roma: Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1962, <https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-argiropulo_%28Dizionario-Biografico%29/>; in particolare, sul suo insegnamento e la sua relazione con il testo dell’Etica, oltre alla già citata monografia di Lines, cfr. anche Arthur Field, The Origins of the Platonic Academy of Florence, Princeton: Princeton University Press, 1988, e Deno J. Geanakoplos, Costantinople and the West: essays on the Late Byzantine (Paleologan) and Italian Renaissance and the Byzantine and Roman Churches, Madison: The University of Wisconsin Press, 1989; Daniela Gionta, Dallo scrittoio di Argiropulo: un nuovo paragrafo della fortuna dell’Etica Nicomachea tra Quattrocento e Cinquecento, «Studi Umanistici» 3 (1992), p. 5-57. Mancano ad oggi studi sulla sua attività versoria.
- Cfr. Michael Reeve, The editing of Pliny’s Natural History, «Revue d’histoire des textes», 2 (2007), p. 107-179. Per un profilo biografico di Guarino si veda: Alessia Grillone, La traduzione latina del Nicolces isocrateo di Guarino Veronese: introduzione, edizione critica e commento, Berlin: De Gruyter, 2023 (in particolare su Plinio p. 21) con relativa bibliografia.
- Per la biografia del cardinale Della Rovere si veda la voce: François Charles Uginet, Domenico Della Rovere, in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 37, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1989, <https://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-della-rovere_(Dizionario-Biografico)/>). Sulla sua biblioteca invece si vedano: Gian Carlo Alessio, Per la biografia e la raccolta libraria di Domenico Della Rovere, «Italia Medievale e Umanistica», 27 (1984), p. 175-232 (in particolare sul ms. E III 25 cfr. p. 189, 218, mentre sul ms. E IV 36 cfr. p. 222); Ada Quazza — Silvana Pettenati, La biblioteca del cardinal Domenico Della Rovere: i codici miniati di Torino, Firenze: Leo Olschki, 1985 (estratto da: La Miniatura Gotica e il Rinascimento, II: Atti del II Congresso di Storia della Miniatura Italiana, Cortona 24-26 settembre 1982), in particolare sui ms. E III 25 e E IV 36 cfr. rispettivamente p. 689 e 687); Silvana Pettenati, La biblioteca del Cardinale Domenico Della Rovere, in: Il teatro di tutte le scienze e le arti. Raccogliere libri per coltivare idee in una capitale di età moderna, Torino 1559-1861, Catalogo di mostra: Torino, Archivio di Stato 22 novembre 2011-29 gennaio 2012, a cura di I. Massabò Ricci et al., Torino: Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Piemonte, 2011, p. 125-128 (in particolare la scheda n. 98 a p. 125 relativa al ms. E III 25).
- Ibidem, p. 61-64, in particolare p. 62-63 (scheda n. 20).
- Trattasi di un requisito fondamentale in ogni progetto di digitalizzazione: cf. Ministero della cultura, Piano Nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale, cit., p. 37.
- Su questo tema si veda ad esempio Elisa Bastianello, Digitalizzazione, trascrizione, citazione: le fonti testuali per le pubblicazioni digitali, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 18 (2023), n. 2, p. 162–172, <https://doi.org/10.36181/digitalia-00084>; Stefano Bazzaco, La trascrizione automatica di documenti a stampa antichi: appunti per un modello di riconoscimento della tipografia in corsivo, «DigItalia. Rivista del digitale nei beni culturali», 19 (2024), n. 1, p. 63–86, <https://doi.org/10.36181/digitalia-00094>.
- Negli ultimi anni, infatti, le scuole sono entrate sempre più in contatto con le realtà museali e archivistiche per la realizzazione dei progetti di PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento).
- Su questa vicenda e i successivi interventi di recupero del patrimonio si veda il saggio di Franca Porticelli, Torino 1904. Dopo l’incendio: 1. Gli interventi nell’emergenza e i primi restauri; 2. La decisione di costruire una nuova sede: un’indagine nei documenti d’archivio, «Scrineum» 17, (2020), n. 1, p. 107-192, <http://www.serena.unina.it/index.php/scrineum/article/view/7964>. Per ulteriori approfondimenti sul tema rimando alla bibliografia di Porticelli.
- https://transkribus.org.
- Tra i membri figura anche il Centro DISH, presente attraverso il suo attuale presidente, il prof. Ermanno Malaspina.
- Sono stati sviluppati modelli che hanno richiesto fino a centomila parole per essere opportunamente addestrati.
- Questo numero non è fisso, ma dipende da come procede la fase di allenamento del modello, in quanto è funzionale ad arrestare il training quando il CER non riesce ad attestarsi su un valore costante. Trankribus consente di fissare due parametri, entrambi facoltativi: il primo, training cycles, ha un valore standard 100 che corrisponde al numero massimo di iterazioni, una volta raggiunto il quale l’addestramento si arresta; il secondo, early stop, ha un valore standard di 20 e rappresenta il numero minimo di iterazioni da raggiungere, se il CER si è stabilizzato su un valore costante.
- Cfr. anche E. Bastianello, Digitalizzazione, trascrizione, citazione, cit.
- Si veda <http://vbd.humnet.unipi.it/>.
- Sono in corso i lavori di implementazione per la versione 3.0.
- Per il ms. E III 25 in un prossimo futuro sarà disponibile anche un’edizione critica: infatti, nell’ambito della mia tesi di dottorato sto curando il testo critico della versione di Argiropulo.
- La divisione in trattati e capitoli vale solo per il testo argiropuleo ed è riconducibile all’autore, mentre la versione bruniana si presenta suddivisa unicamente in libri nel ms. E IV 36 e nel ms. D V 33 in libri e capitoli. Quest’ultimo, inoltre, presenta prima dell’Etica Nicomachea un escerto dalla traduzione degli Economici pseudo-aristotelici, eseguita sempre da Bruni (cfr. almeno Josef Soudek, A Fifteenth-Century Humanistic bestseller: the manuscript diffusion of Leonardo Bruni’s annotated Latin Version of The (Pseudo-) Aristotelian Economics, in: Philosophy and Humanism: Renaissance essays in honor of Paul Oskar Kristeller, edited by Edward Patrick Mahoney, Leiden: Brill, 1976, p. 129-143, con bibliografia.
- Nel ms. D V 33 la versione degli Economici è preceduta dalla dedica di Bruni a Cosimo de’ Medici.
- <https://catalog.perseus.org/catalog/urn:cts:latinLit:phi0978.phi001.perseus-lat1>. Oltre al testo critico, nell’edizione digitale ho indicato anche il link a cui trovare una traduzione (in inglese) del testo pliniano: Pliny the Elder, The Natural History, ed. by J. Bostock, H.T. Riley, London: Taylor and Francis, 1855, <http://data.perseus.org/texts/urn:cts:latinLit:phi0978.phi001.perseus-eng1>.
- Consultabile in versione digitalizzata al seguente link: <https://digitallibrary.unicatt.it/veneranda/0b02da8280051bee>.
- Cf. M. Reeve, The editing of Pliny’s Natural History, cit., p. 107-179.
- https://bnuto.cultura.gov.it/biblioteca-digitale/manoscritti-in-evt/.
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- https://bnuto.cultura.gov.it/biblioteca-digitale/manoscritti/c-plinius-secundus-historia-naturalis.
- Prima dell’elenco è riportato il link al testo in EVT, di modo che le due sezioni dell’edizione siano comunicanti in entrambi i sensi.