Identificatori persistenti per gli oggetti digitali
Parole chiave:
University of California di Los Angeles1, Austen, OCLC, BNCR, PDF, HTTP, HTML, WWW, URI, URL, URN, ARK, DOI,Abstract
Fa impressione constatare quanto sia cambiato rapidamente, a causa della rivoluzione elettronica, il mondo dell’informazione e della comunicazione scritta.In un convegno sui cataloghi delle biblioteche, svoltosi nel lontano 1987, presso la University of California di Los Angeles1, uno dei relatori delineava uno scenario prossimo venturo che sicuramente all’epoca poteva sembrare a molti alquanto fantascientifico: «Nella misura in cui la tecnologia della trasmissione dell’informazioni andrà avanti crescendo, l’informazione gestita in qualsiasi modo da una biblioteca sarà disponibile alle altre in una qualche forma senza bisogno che vi sia un trasferimento fisico di oggetti fisici. C’è ancora una lunga strada per arrivare a questo, ma la direzione è abbastanza chiara: quello che una biblioteca possiede sarà virtualmente presente in ogni altra biblioteca. La stessa collezione sarà virtualmente disponibile a tutti e le differenze tra i cataloghi locali saranno confinate a differenze nella forma di disponibilità. La distinzione tra cataloghi locali e collettivi si dissolverà in una pratica insignificanza. Se vogliamo pensare proficuamente alla catalogazione descrittiva, allora dobbiamo pensare ad un futuro nel quale le copie effettivamente leggibili costituiranno solo una piccola frazione della collezione disponibile in un dato luogo e nella quale le copie virtuali saranno trattate alla pari
con le copie reali»
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Pubblicato
2005-04-12
Come citare
Sebastiani, M. (2005). Identificatori persistenti per gli oggetti digitali. DigItalia, (1), 62–82. Recuperato da https://digitalia.cultura.gov.it/article/view/329
Fascicolo
Sezione
Saggi
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